12 Novembre 2015 Cultura generale Dal Web
CondividiDopo aver intimato, quest’estate, i propri ministri alla collaborazione con le finalità e i progetti europei al fine di evitare un chiaccheratissimo Brexit, il primo ministro inglese James Cameron fa diterofront e passa all’offensiva. “Il Regno Unito è forte anche senza stare in Europa”. Il primo ministro è chiaro in proposito e sottolinea la sua intenzione di non limitarsi a far parte di «un club della moneta unica» ma di aprire un percorso che porti a una riforma dei rapporti tra UE e UK. Un atteggiamento che evidenzia come sempre più spesso il motto “più Europa” venga sostituito, e forse a ragione, dal motto “meno Europa” nella risoluzione di varie problematiche. Che Londra possa sopravvivere anche lontano dall’UE è un dato di fatto, l’interrogativo è su quale sia la strada più proficua. Dalla lettera che Cameron ha inviato a Donald Tusk e Jean-Claude Juncker, resa pubblica in seguito alla Chatham House, è evidente la scontentezza del primo ministro nei rapporti con l’Europa che vanno rivisti in luce del referendum che si terrà entro il 2017. Quattro i punti di quello che qualcuno ha già definito un diktat (in ricordo di quello imposto alla Germania al termine della Prima Guerra Mondiale) ma che formano elemento essenziale per l’appoggio politico del “sì” all’ingresso dell’UK in Europa:
- Sottoscrizione della clausola dell’Opt-out, cioè la possibilità di chiamarsi fuori dalla clausola dei Trattati che prevede la partecipazione a un’Unione «sempre più stretta».
- Riconoscendo che il mercato unico è multicurrency, Londra sollecita tutele per i Paesi non aderenti l’Eurozona, in questo modo anche la sterlina potrà godere delle garanzia di cui gode l’euro anche quando i Paesi a divisa comune si saranno integrati ulteriormente
- Invoca dal trattato di Maastricht la tanto cara agli inglesi “sussidiarietà”, sottolineando la necessità dei parlamenti nazionali di intervenire attraverso un potere di veto (il famoso cartellino rosso) sulla legislazione comunitaria.
- L’ultimo punto, di cui si sottolinea la NON-negoziabilità, riguarda i sussidi destinati ai migranti intra-comunitari: sollecita una sospensione di quattro anni prima del pieno accesso ai benefici e sussidi dello stato sociale per un cittadino non inglese ed estendendo le stesse limitazioni ai britannici che rientrano in patria dopo aver vissuto all’estero.
Alle richieste si affianca un consiglio per l’Europa: meno burocrazia e più competitività, concentrandosi sul mercato interno.
Questa serie di richieste sarà al centro del summit di Bruxelles di metà dicembre, ma il Presidente del Consiglio Europeo ha già parlato, su Twitter, di una strada di negoziazioni che porterà ad #UKinEU.