30 Luglio 2014
CondividiSiamo abituati a considerarci un punto di riferimento a livello mondiale nell’industria del caffè, ma come cambierebbe la nostra prospettiva sapendo che in Italia viene consumata solo un trecentosessantacinquesimo della produzione mondiale di caffè? In pratica vuol dire che per ogni caffè che prende un italiano ci sono 365 persone nel mondo a gustare quello che siamo abituati a considerare tratto distintivo della nostra tradizione, o, se preferite, che è necessario bere caffè per un anno in Italia per raggiungere il quantitativo di tazze bevute in un giorno nel resto del mondo. Ecco forse così possiamo renderci conto di quanto sia importante confrontarsi con il mercato estero anche per una cosa considerata così autoctona.
Se da un lato la stessa Starbucks si è imposta come leader mondiale della caffetteria vendendo il suo come “un prodotto d’alta qualità italiana”, dall’altro non possiamo crogiolarci in alcun merito se non nel nome. E’ infatti indubbia la prevalenza del consumo di caffè ottenuto da tradizioni tutt’altro che nostrane come la moka classica, quella napoletana o infine l’intramontabile espresso. Non si possono quindi sottovalutare, sia per qualità, che nel tempo è andata perfezionandosi fino a raggiungere l’apprezzamento di palati raffinati, che per popolarità le varie tipologie di caffè filtro.
E Milano che da sempre si impone come polo di approdo e filtro delle mode che dall’Europa e dal mondo arrivano in tutt’Italia non poteva rimanere a lungo indenne dal graduale passaggio dal caffè espresso al caffè in tazza grande in pieno stile americano. Più pratico, perchè lo bevi ovunque (ufficio, tram, supermercato) senza bisogno di scottarsi la lingua trangugiandolo al bar nella ressa delle nove del mattino di dipendenti assonnati e ritardatari, più sano, perchè a differenza del caffè espresso classico, non lascia residui nella macchina che ne alterano il sapore, la qualità e la genuinità, e più fedele, perchè a differenza del caffè espresso che perde subito aroma e gusto trasformando un momento di relax nel peggior ricordo della giornata, mantiene il gusto originale più a lungo, rimanendo inalterato per circa venti minuti e consentendoci di prenderlo al bar e gustarlo una volta arrivati dietro la scrivania.
Indubbio è che a favore della caffetteria all’americana ci sia la versatilità: ora puoi berlo freddo, con crema, aromatizzato al pistacchio, con scorza d’arancia, panna montata, granella di nocciole e topping alla vaniglia. Del caffè resta solo il nome.
Eppure, vuoi per la praticità, vuoi per il desiderio di avere qualcosa di nuovo, vuoi per la moda italiana di seguire la moda americana che segue la moda italiana, il caffè americano sta prendendo piede anche a Milano e di studenti, impiegati e manager con la tazza piccola in mano se ne vedono sempre meno. Perchè se l’espresso resta il re indiscusso del risveglio e del dopo pasto, la tazza grande, che sia da consumare al bar o da portare in ufficio, è la regina del break della mattina o del pomeriggio e si attesta sempre come ottima scusa per gustare quantomeno muffins e cookies giganti in pieno stile USA.